lunedì 16 dicembre 2013

Les enfants du Paradis, 1945. Candido corrotto

Di Alessia Dorigoni

E’ strana la mia tendenza insaziabile e quasi psicotica di creare collegamenti invisibili tra le cose. Invisibili, non perché non sono visibili, anzi per me i collegamenti che nascono sono più che visibili, sono concreti, sono logici, sono estremamente razionali. Come Ade, non è che fosse lui stesso invisibile, è che possedeva un elmo che rendeva invisibili se indossato; ma lui era lì, presente, esisteva ancora anche se un po’ bruttino. Invisibili quindi perché essendoci infiniti collegamenti tra le cose, ciò che a me risulta visibile e familiare ad un altro può risultare confuso e oscuro in una foresta di simboli che l'uomo attraversa nei raggi dei loro sguardi familiari. Potrei chiamarle corrispondenze non propriamente usuali insomma. Quando ero piccola sovente mi accadeva di ritrovarmi a collegare i puntini numerati dei giochi di enigmistica, facendo nascere la figura non da un lineare collegamento in una successione numerica ma, usando sempre i pallini come riferimenti, creando figure fuori dagli schemi nel vero senso della parola.
Detto ciò non vi stupireste se vi dicessi che le cose a cui ho pensato guardando questo film sono state: l’Orlando furioso nella macchina del tempo di Wells ovattato dalla neve della Negri e di Zanzotto, in una leggerezza bauschiana. Seguite il mio ragionamento e vedrete che converrete con me, alla fine del racconto, ve lo assicuro; rendo il mio sguardo familiare, svelando poche delle infinite corrispondenze che da un film come questo potrebbero nascere e che sicuramente saranno nate anche da voi.
Ho letto per tutto il film un intreccio che faceva da leitmotiv, anzi l’intreccio delle storie diveniva lui stesso colonna portante. Storie su vari livelli, storie d’amore a vari livelli, storie di soldi a vari livelli, temi sociali a vari livelli. Non è che essi stessi fossero trattati a vari livelli, più in profondità o più superficialmente; ma le problematiche trattate venivano sviscerate e impersonificate da personaggi che le rappresentavano loro stessi in maniera più o meno superficiale e mettendo in luce differenti sfaccettature (già questo sarebbe una lunga storia a se stante…). Passiamo così dall’amore per la stessa donna, Garance, del bandito-gentiluomo Lacenaire, all’amore più o meno fedele di Fréderic, a quello di facciata del conte di Montray per arrivare a quello più patito, più profondo e più “vero” di Baptiste amato follemente a sua volta da Nathalie. Garance che, simpatizzante per Lacenaire, pur amando profondamente Baptiste si ritrova a cedere inizialmente alla corte di Fréderic per poi sposare il conte. Insomma intrecci ingrovigliati, che non possono non far ricordare l’entrelacement dell’Orlando Furioso. Intrecci che si intrecciano a loro volta con altri temi cruciali come quello ad esempio del denaro, tradotto anche dalle numerose futili multe date dal proprietario del teatro, dal clochard che fa l’elemosina fingendosi cieco per poi andare a bere al bar. Tutti hanno un’altra faccia, tranne i personaggi più ingenui, più bambini da un certo punto di vista, che rimangono fedeli ai loro ideali.
E a condire questi intrighi, intralci e intrecci c’è uno sfondo nato da accostamenti quasi anacronistici visti con il senno di poi. Ecco il perché della macchina del tempo di Wells, in un ambiente di teatro che mi ha fatto venire in mente lo steampunk. Ma non nel vero senso della parola, ma nel clima che gli oggetti dello steampunk creano. Artefatti e macchine costruite attraverso conoscenze non esistenti durante l’epoca vittoriana adattandoli alla tecnologia moderna, creando per l’appunto, un accostamento anacronistico. Rivitalizzazione di congegni rotti e inutilizzati riletti con gli occhi della tecnologia odierna cercando però di mantenerla nascosta. Come sarebbe stato il passato se il futuro fosse accaduto prima? In realtà è il teatro che spesso mi innesca questa sensazione di piacevole confusione, di stili, di mondi, di tempo. Ma è proprio da questa accozzaglia mentale che pop out, silenziosamente, candidamente e ovattato, il personaggio del mimo: muto, bianco, puro, pulito, immacolato, innocente nella sua semplicità. Ma non un mimo qualunque ma l’homme blanc, Baptiste: Jean-Louis Barrault. Ed ecco che a questo punto la sua leggerezza il suo essere così niveo non possono che intrecciarsi nei miei pensieri con la neve che ovatta ogni cosa. Cade la neve. E a rileggere le righe della Negri mi sembrava di rivedere i movimenti di Baptiste: Sui campi e sulle strade silenziosa e lieve volteggiando, la neve cade. Danza la falda bianca nell'ampio ciel scherzosa, poi sul terren si posa, stanca. In mille immote forme sui tetti e sui camini sui cippi e sui giardini, dorme. Tutto d'intorno è pace, chiuso in un oblìo profondo, indifferente il mondo tace. Si ma, che ne sarà della neve alla fine? E che sarà di noi e di Baptiste. E tu perché, perché tu? Dubbi zanzottiani che sono decisamente veggenti. Il volteggiare leggiadro di questo mimo, che mi ha fatto venire in mente le “linee pregne di sentimenti, emozioni e stati d’animo spesso impossibili da rendere a parole” dell’arte della Bausch, ad un certo punto si incrina. L’uomo vestito di bianco si cristallizza, si uniforma, segue gli schemi dettati dalla società e si ritrova ad essere un uomo incravattato con moglie e figlio. Non ha più un vestito comodo che lo lascia respirare e vivere, ma un vestito stretto, imposto dalla società, imposto dagli altri, autoimposto (quasi come ne Il laureato di Webb). Un vestito grigio, come il suo volto che fa traspirare una velata malinconia pur vivendo una vita di successo. Ma ecco che ad un certo punto si ritrova a rincorrere un sogno, il suo sogno, si è riacceso. Ma proprio quel vestito bianco che prima lo rendeva libero, adesso lo blocca, lo ferma, lo porta ad essere un amante perduto in un fiume di persone vestite di bianco.


Il Poeta assomiglia al principe dei nembi // che abita la tempesta e ride dell'arciere;// ma esule sulla terra, al centro degli scherni,// per le ali di gigante non riesce a camminare. (L’albatro, Baudelaire)

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