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lunedì 17 marzo 2014

ALCUNE DOMANDE A GIACOMO SARTORI

 Vogliamo condividere alcune riflessioni emerse nel corso degli incontri nelle biblioteche, perché ci sembra che contribuiscano notevolmente alla comprensione profonda delle dinamiche di “Sacrificio”. Alcune domande sono state poste dai conduttori delle serate, altre sono emerse dal pubblico.
Abbiamo cercato di essere quanto più fedeli possibile al senso delle parole di Giacomo Sartori, anche se ci basiamo su appunti e non su una trascrizione fedele.
Giacomo ha detto che uno scrittore è prima di tutto un lettore: ci piace utilizzare questa frase come incipit di questo collage di risposte. Uno scrittore legge. Libri, naturalmente; ma anche la realtà che lo circonda, le persone che incontra e i sentimenti che prova.

Che legame c’è con la realtà trentina? Sono veramente così i giovani?

Un romanzo non riferisce la realtà, come ogni forma d’arte ne riporta alcune caratteristiche, la piega alle necessità espressive dello scrittore.
La scrittura che ha senso, non ha senso. La narrativa italiana è spesso molto convenzionale e raramente rompe gli schemi. Una scrittura “didattica” ed eccessivamente realistica diventa noiosa.
L’arte è lavoro, è fatica. E’ la ricerca di qualcosa che non esiste.

C’è nel romanzo una concentrazione di sofferenza: e la speranza? E le cose positive?

La violenza è proporzionale alla scorza con cui il Trentino si isola. E’ duro il testo, ma è dura anche la scorza con cui ho dovuto battermi. C’è un deciso contrasto tra la violenza esteriore e la levità dei sentimenti interiori dei personaggi. Ogni vita ha qualcosa di unico e inesprimibile. La vita ci vive.
La violenza non è mai fine a se stessa nei miei testi, ma è sempre strumentale alla comunicazione di qualcosa che mi sta a cuore. I personaggi vivono situazioni estreme nella loro intimità, fanno fatica a star dietro alla realtà. C’è un contrasto molto forte tra la durezza della situazione e l’interiorità dei personaggi.
La realtà è molto più violenta del romanzo, perché lla violenza della realtà è spesso gratuita.

Quali sono le caratteristiche fondamentali della trasposizione teatrale?

I miei testi sono sempre un lavoro a levare, a condensare la scrittura, a rendere minimale anche la punteggiatura. L’essenzialità estrema necessaria per il testo teatrale ha costituito una sfida entusiasmante. Il testo teatrale è molto vicino alla poesia, con la differenza che mentre uno scrittore padroneggia tutti i dettagli della propria opera, nel teatro il testo è solamente uno degli elementi che compongono la storia. Il libro esce come un prodotto finito, mentre a teatro il testo è solamente l’inizio di un processo che non è nelle mani dello scrittore.

Cosa hai provato nel vedere incarnati i tuoi personaggi?

Ho seguito alcuni provini e ho molto apprezzato l’atmosfera di impegno e l’essenzialità di una recitazione fuori da qualsiasi contesto. L’atmosfera surreale del palco nudo e dell’attore solitario mi ha affascinato: dal teatro semibuio, dal nulla, nasce l'epifania di qualcosa che si sta creando. L'attore non conosce quasi il testo ma sta creando.
Come scrittore avrei mantenuto questo fascino dell’indeterminato anche nella realizzazione finale del testo. Sento, o immagino, le mie parole in modo più astratto di quello che è uscito nel testo teatrale. Un testo più astratto, anche nella sua trasposizione fisica, permette di mantenere e rimarcare una maggiore distanza nei confronti del personaggio.

I tuoi personaggi spesso hanno difficoltà a esprimere i propri sentimenti e sono vittime di una sorta di afasia.

La lingua ci appartiene, ma non riesce mai a trasmettere la nostra unicità perché l’uso comune l’ha caricata di banalità che hanno intaccato la naturale profondità delle parole. A volte il dialetto riesce a esprimere meglio un concetto che in italiano risulta solo abbozzato.
Nel silenzio di noi stessi utilizziamo la nostra lingua per imbrigliare emozioni e sentimenti, difficilmente riusciamo a isolarci nel silenzio e ad ascoltare il nostro sé interiore. Le nostre parole non ci appagano mai al cento per cento. Ci sembra sempre che ci sia una parte di quello che vogliamo comunicare che resta sotterranea, non espressa.
Il nostro pensiero non ci appartiene. Il pensiero è un qualcosa di ossessivo, ripetitivo, che si forma in modo autonomo nella nostra mente ma che noi non possiamo controllare né indirizzare. Questo rende molto difficile, o forse impossibile, dare un nome, una definizione, al pensiero che ci sta attraversando, riconoscerlo e codificarlo. Tutto ciò è, naturalmente, molto frustrante per l'essere umano, che non è padrone della propria mente.
La parola caratterizza l'uomo. Ma questa possibilità di dare un nome ai pensieri e di poterli comunicare agli altri, è un atto faticosissimo.

“Sacrificio”: la vittima sacrificale è Diego, ma possiamo dire che tutti i protagonisti del tuo testo siano delle vittime.

Non dimentichiamo che nella parola “sacrificio” c’è il “sacro”. Sacro è ciò che non si capisce, che non si riesce a spiegare ma che ci impone un senso di riverenza. Il “sacro” è quel qualcosa che ci unisce, unisce tutti gli essere umani, perché ci travalica.
I personaggi del libro hanno un modo di vivere laico, nondimeno c'è qualcosa di spirituale in “Sacrificio”. La profondità, per definizione, è spirituale.

Ti hanno definito un “anatomopatologo dei sentimenti”. Si riconosce in questa definizione?

Direi più un anatomopatologo delle emozioni. I sentimenti sono qualcosa di più elaborato, complesso. Le emozioni sono ad uno stadio primordiale, sono più legate al corpo, all'immediatezza, all'urgenza. Io amo indagare questo, le emozioni. Mi definirei un autore dell'intimità.

Questo come caratterizza la tua scrittura?

Scrivo in terza persona. Ma è una terza persona vicina alla prima persona, che si porta dietro lo sguardo della prima persona, in questo caso di Marta. Mi piace lo sguardo soggettivo del personaggio. Infatti, la prima cosa che faccio è pensare un nome per il personaggio, un nome per me evocativo, in qualche modo.

Collage di interviste a cura di:
Maira Forti e Federica Dallapria

venerdì 7 marzo 2014

Ai sette

Carissimi,
l'altra sera siamo tornati a casa sfiniti, dopo i due giorni di prove a Taio; sfiniti, ma con una sensazione di calore.
Finalmente abbiamo potuto riprenderlo nelle "nostre" mani, il "nostro" Sacrificio. Tutti noi l'abbiamo visto nascere e crescere per due lunghi e brevissimi anni, lasciandoci scivolare dentro tanta vita. Noi, più di ogni altro, avevamo il diritto e, soprattutto, la responsabilità di congedarlo per un nuovo viaggio che speriamo continui, aldilà delle sette repliche trentine.
Ora che Sacrificio è nelle nostre mani, non possiamo risparmiarci: dobbiamo essere generosi, severi, rigorosi; dobbiamo mettere tutta la nostra intelligenza e la nostra passione affinché Sacrificio restituisca al pubblico tutto il suo spessore, tutta l'umanità che possiede.
Siamo rimasti noi i suoi custodi, soli, a difendere il lavoro di tanti altri che ora però non possono più intervenire. E' per tutti coloro che hanno dato il loro contributo a Sacrificio, che dobbiamo lottare. E anche contro tutti coloro che Sacrificio non l'hanno mai sopportato. Ma è soprattutto per il Teatro, per un certo modo di fare Teatro, che dobbiamo lottare. 
Vi abbracciamo forte. Abbiamo davanti un lavoro duro, che ci farà anche soffrire, ma che sarà anche una gioia.
Sentiamo chiaro, ora, quel legame che è venuto creandosi con il comune lavoro. Grazie!

Elena e Jacopo

martedì 18 febbraio 2014

Sacrificio. Risveglio (anticipato) di primavera.


Da alcuni giorni, come un orso in letargo,  il Progetto Sacrificio si sta scrollando dal torpore della lunga pausa forzata. Sabato 15 e domenica 16 febbraio i "sette" si sono ritrovati per passare insieme circa 16 ore. C'è in tutti una grande voglia di ricominciare, dopo il debutto ufficiale (una sorta di ballo dei debuttanti, dato che, solo sei mesi prima, molti di loro non avrebbero nemmeno immaginato di "fare teatro") della primavera scorsa al Teatro Cuminetti di Trento. Un grande successo di pubblico, con molte persone rimaste purtroppo fuori. Un pubblico davvero eterogeneo,  fatto sì di amici e parenti, ma anche di compagni d'avventura rimasti indietro nelle selezioni, ma legati comunque al progetto (e tanto di cappello al loro fair play), di curiosi e di professionisti -locali e non- dello spettacolo dal vivo. Eterogeneo il pubblico, eterogenee le reazioni. Sicuramente Sacrificio è un'operazione su cui discutere, ma tutte le polemiche che ci hanno accompagnato rafforzano il nostro senso di appartenenza a una modalità di produzione culturale che noi crediamo innovativa e profondamente umana, ricchissima di valori e artisticamente stimolante. Se ci stiamo sbagliando, sarà il tempo a dircelo. Adesso è il momento di agire!

Anche la Gold List si è risvegliata. Ieri sera, 17 febbraio 2014, nella sede del WWF di Trento, c'è stato un lungo confronto tra i "Gold" - Stefano Maestrelli, Alessia Dorigoni, Irene Segafredo, Andrea Facchini e Romina Zanon, Osvaldo Negra (Presidente WWF del Trentino Alto Adige) e Claudio Groff (Servizio Foreste e Fauna - PAT). Si è parlato di natura, orsi e draghi…
Chi volesse saperne di più potrà assistere a uno degli eventi/effetti collaterali incentrati sull'orso e nati dalla prolifica radice di Sacrificio. Gli eventi prenderanno spunto dal bellissimo racconto "L'uccisione del drago" di Dino Buzzati, letto dai "Gold" e vedranno Osvaldo Negra e Claudio Groff coinvolgere il pubblico in un momento di riflessione profonda e sincera sul rapporto tra i Trentini e il loro territorio.


sabato 14 dicembre 2013

Buona fortuna, Riccardo, per il “tuo” Sacrificio

Di Elena Galvani e Jacopo Laurino

Caro Riccardo,
vogliamo ripubblicare il trailer del “tuo” Sacrificio (pubblicato su youtube ormai da un mese) come primo atto di questo “nuovo” blog. Nuovo tra virgolette, perché non è altro che il vecchio blog di Sacrificio che riprende a vivere dopo una lunga pausa seguita al debutto, pausa che tutte le persone coinvolte nel progetto si sono prese per riflettere su un’esperienza così totalizzante. Ritorna a vivere come slow theatre’s blog, trasformato in una piattaforma di studio e confronto aperto sulle nostre future produzioni.

giovedì 30 maggio 2013

La pietà di Sacrificio

Di Paolo Gardini

Di seguito il testo di un'e-mail di Paolo... a rischio di confermare le voci che mi danno per vanesio... non mi è mai successo di condividere una lettura cosi profonda, colta e carica di sincera emozione di una fotografia ed in particolare di questa, che per qualche mistero della mente, emoziona anche me potendo osservarla per la situazione di sofferenza e "comprensione" che rappresenta, pur consapevole della finzione che si cela dietro ad essa. Flavio Torresani
Caro Diego-Flavio, non so quanti vi abbiano scritto a proposito della fotografia scelta come immagine di Sacrificio, io la trovo splendida. Credo che persino Caravaggio ne sarebbe fiero, con il buio più nero tagliato da una radente e affilata lama di abbacinante luce laterale tipica delle sue rappresentazioni. Una composizione di raro equilibrio pur nella studiatissima asimmetria, perfettamente bilanciata sull'asse volto-volto-mano-gamba e di lato il tuo corpo leggero, sfumato e sospeso.Geniale il fascio delle tre linee rappresentate dalle gambe di Marta-Barbara e dal raggio luminoso, esaltato dall'ombra decisa sul tuo viso.

venerdì 12 aprile 2013

L'umana macchina di "Sacrificio"

Di Daniela Vaia

Daniela Vaia sul palco
Tutto comincia per caso, e quasi involontariamente ti trovi catapultata in una nuova realtà... vieni travolta da un nuovo mondo, per te quasi del tutto sconosciuto... al primo colloquio arrivi impreparata, in modo quasi vergognoso oserei dire... poi, man mano che procedi su questa nuova via, ti senti incuriosita, rapita e coinvolta... non solo ti trovi a studiare e meditare su testi di opere famose, ma cosa ben più importante, ti trovi davanti temi che accomunano una gran percentuale di giovani del nostro territorio...  temi da prendere con le pinze perché sono ormai diventati talmente comuni che non si sa in che modo affrontarli.

La ricetta di "Sacrificio"

Di Valentina Caresia

Ricordi del primo provino
Non ero nemmeno arrivata alla fine della mail in cui mi comunicavano dei casting per  "Sacrificio" che già avevo risposto. Mi ero detta che finalmente c’era una valida opportunità per noi giovani appassionati di teatro, un progetto particolare e stimolante.
Avevo atteso il primo casting e una volta lì, capito meglio il percorso, già desideravo farne parte.
Poi il secondo provino sul palco, nelle battute del “Fool”, a provare e riprovare toni e intenzioni...
E “allora verrà il tempo, per chi vivrà per vederlo” del terzo di casting, dei tre giorni lunghi, intensi, veri e vivi. Un seminario intensivo su Shakespeare, con altri ragazzi motivati ed entusiasti, terminato con lacrime di gioia per aver ricevuto l’opportunità di vivere il corso e altre meno felici per i ragazzi esclusi.
Un lungo inverno in coppia con Barbara, insieme per lo stesso ruolo, a cercare “Anna”, sentirla, respirarla, muoverla e smuoverla dentro noi stesse.

martedì 12 marzo 2013

Giulia Lazzarini ha seminato dubbi e azioni

Di Alessia Dorigoni

Premesso che meglio agitarsi nel dubbio che riposare nell'errore (A. Manzoni)...

Lode del dubbio
B. Brecht

Sia lode al dubbio! Vi consiglio, salutate
serenamente e con rispetto chi
come moneta infida pesa la vostra parola!
Vorrei che foste accorti, che non deste
con troppa fiducia la vostra parola.

Pensieri germogliati dal seminario con Giulia Lazzarini

Di Valentina Caresia


Ho questo foglio word aperto da mesi, l’ho nominato “da finire”… ma sarebbe meglio modificarlo in “da iniziare”. Ho scritto ovunque in questi mesi tranne qui. Ho appunti, frasi, citazioni, sensazioni su vari quaderni, ma non su questo foglio che avrei voluto riempire proprio di queste. Non era mai il momento giusto per riprenderlo in mano, a volte ero stanca, a volte affranta dalle prove, a volte troppo felice per trovare parole … ma stasera non sono ancora pronta per mettermi a letto, non sono pronta per spegnere la testa … sono ancora emozionata da questi due giorni, dall’incontro con Giulia Lazzarini, da questa opportunità. Rapita da uno sguardo così tenero, sensibile, sereno non riesco a prendere sonno… risuonano nella mente le sue parole aggraziate, rispettose, piene di significati… ho ancora voglia di rimanere con voi…

giovedì 28 febbraio 2013

Una "Tempesta" di sogni

Di Maira Forti



Guardo e riguardo Ariel che si muove al ritmo di una musica interiore. Vedo la forza e la perfezione di ogni gesto, il palpitare del respiro, il ritmo ondoso dei movimenti. Guardo, riguardo e mostro il video a tutti quelli che mi stanno vicino perché trovo insopportabile tenere per me questo splendido miracolo dell'artificio teatrale. La corda c'è, si vede. Lo sappiamo, caro Maestro, che nel mondo reale non si vola. Eppure Giulia Lazzarini sembra nata per farlo. Il suo volo è così lieve da sembrare naturale. Se ci si ferma a riflettere però appaiono subito alla mente interminabili e faticose prove, immancabili errori e goffaggini, paura, dolore, stanchezza. Un'esecuzione così perfetta può nascere solo se sostenuta da un'impalcatura costruita un pezzettino alla volta con pazienza e coraggio.

giovedì 3 gennaio 2013

Riflessioni a partire da un articolo del Trentino sul bracconaggio

Di Luca Dapor


Nel dramma Sacrificio troviamo contrapposti due personaggi, due fratelli, Aldo e Diego che incarnano due modi opposti di vivere non solo la vita ma la natura stessa (non solo quella umana). Il primo, il maggiore, è un bracconiere, come lo era suo padre e come lo sono tanti del paese e della valle; il secondo è una guardia forestale, che lavora per il Parco e difende esattamente ciò che il fratello maggiore Aldo vorrebbe non esistesse: il Parco.
Diego afferma che senza il Parco ci sarebbero meno animali e le montagne sarebbero ricoperte di cemento, ed Aldo risponde che senza il Parco ci sarebbero gli stessi animali ma molti più soldi.

giovedì 27 dicembre 2012

E' difficile!

Di Daniela Vaia


Intraprendi un percorso nuovo, imprevedibile, affascinante, divertente, burrascoso, impegnativo... un percorso del tutto diverso dalle "commediole" brillanti del tuo piccolo paese... e lo fai con la leggerezza della novità... con il fascino di un progetto che ti coinvolge da vicino... perché chi nella sua vita non ha mai avuto a che fare, se pur anche indirettamente, con le tematiche trattate da Sartori nel suo libro? Allora ti tuffi a pesce nei provini, nei seminari, nelle prove, con l'entusiasmo di una bambina... ma probabilmente lo fai nel modo sbagliato perché vieni catapultata in un nuovo contesto dove non ti si chiede solo la battuta imparata a memoria come un robot, ma ti si chiede di buttarti con corpo e anima nel testo e nel personaggio che ti è stato assegnato... e subito vieni invasa da dubbi, ansie, preoccupazioni, da senso di inadeguatezza, e allora ti fermi impietrita a pensare: "strano, io ero convinta che appena metti piede sul palco i tuoi pensieri e i tuoi problemi devono sparire"... invece ti viene detto che sei troppo forte nel fare l'esercizio, quando in realtà non sei forte per niente, ma ti sei imposta di essere meno paranoica e meno fragile nell'affrontare questa nuova ed affascinante avventura... in realtà sei troppo sensibile, al punto di rischiare di scoppiare a piangere se metti te stessa nel personaggio... tanto sensibile da rischiare di starci male vivendo con Katia parte delle tue giornate... ma quello che più ti butta a terra è il senso di inadeguatezza che provi durante le prove... senti di sbagliare sempre e comunque: "se non si fa dovresti fare di più, e se si fa stai facendo troppo!"... è difficile trovare il giusto equilibrio se per tre incontri di prove si è cercata e trovata una via per interpretare il personaggio, e al quarto incontro ti viene detto di cambiare tutto... è difficile non uscire dal teatro sconvolta e abbattuta se quelli che ricevi sono solo rimproveri... è difficile tirare fuori il meglio di te se non capisci il modo giusto per farlo... ma questo è il ruolo dell'attore, ed è così affascinante che neanche le più dure "tirate d' orecchi" mi fermeranno nel provare a farlo... 



martedì 18 dicembre 2012

In risposta alla lettera di Giacomo Sartori

Di Alessia Dorigoni

Mi capita spesso di partecipare ad inaugurazioni di mostre in campo artistico e ciò che trovo è con mia amara ammissione lo stesso clima che viene descritto da lei ma lontano da lei e purtroppo lontano anche da me. Dico purtroppo perché sembra che oggigiorno se i pittori non sono anche dei venditori di ghiaccio al polo nord non possono fare strada. Gli viene quindi richiesto "questo lavorio di dissezione, questa autopsia di un cadavere già freddo", di un quadro che molto spesso nasce come risultato di una visione sistemica di molte cose studiate, lette, sbecchettate in giro e naturalmente nato da una rielaborazione personale. Cercare di avere la presunzione di spiegare la complessità di tutti questi fattori risulta quasi un ossimoro; un lavoro direi quasi senza senso e perchè altamente personale e perchè nemmeno noi stessi sappiamo quali sono le relazioni di causa/effetto all'interno di tutto questo mare di variabili, emergendo i nostri manifesti limiti di riuscire a tenerle in considerazione contemporaneamente. 

domenica 16 dicembre 2012

Appunti su una mano

Sul seminario di Espressione Corporea col Maestro Osvaldo Salvi
Di Alessia Dorigoni

Ho cercato per un po' di giorni di trovare una metafora per descrivere il mare di emozioni, informazioni, sensazioni e lampadine che si sono accese e che mi hanno sorpreso durante questo seminario, ma mi sono accorta di essere stata solo fisicamente uno spettatore esterno. In realtà nel seminario ci ho sguazzato, ho sguazzato nelle parole di Osvaldo, nei suoi movimenti, nei suoi sguardi. Ci ho sguazzato e non ne sono ancora uscita perché credo sia quasi impossibile, una volta che ti si accende una lampadina in testa, spegnerla per fare finta di niente. Ma la costellazione di lampadine che mi ha acceso Osvaldo è molto difficile esprimerla a parole e credo sia quasi impossibile tradurla in un'unica frase. Mi sono però annotata delle parole che sono diventate quasi scultoree sulla mia mano, delle parole chiave ma che, tornando alle lampadine, chiamerei quasi delle parole interruttore. Inutile star qui a spiegare tutto il seminario in maniera tecnica e anaffettiva, ho preferito, invece, riportare quelle parole quasi come dei concentrati, delle matrioske, degli spunti per riflettere. 

venerdì 30 novembre 2012

Il fragoroso vuoto di senso della letteratura (una lettera)

Di Giacomo Sartori
Pubblicato su Nazione Indiana il 27 novembre 2012.
http://www.nazioneindiana.com/2012/11/27/autismi-29-il-vuoto-di-senso-della-letteratura/

Cari ragazzi, permettetemi di chiamarvi così, io devo confessarvi che non conosco più di tanto questo romanzo che avete deciso di trasporre a teatro. Questo testo che vi ha parlato e sul quale volete lavorare è mio, nel senso che sono io che lo ho scritto. Sono io che gli ho dato vita – vita cartacea, per molti versi più pregnante e fervida della nostra – ai personaggi che in esso si dibattono, e soprattutto la sua lingua è il frutto del mio lavoro. Di questo sono sicuro. Ma mentirei se vi dicessi che so perché l’ho scritto, e mentirei ancora di più se vi facessi credere che so cosa vuol dire. La verità è che non ho la minima cognizione del perché esista, non ho la più pallida idea se significhi qualcosa. Il fatto che descriva una contingenza sociologica riconoscibile potrebbe far pensare che io detenga o ritenga di detenere le chiavi per decifrare quella stessa realtà: non è così.

venerdì 23 novembre 2012

In risposta al post di Pier Giorgio Rauzi.

Di Elena Galvani e Jacopo Laurino

Gentilissimo Professor Rauzi,
grazie per il suo post. Grazie per il tempo dedicatoci, per l’attenzione con cui ha letto il copione che Giacomo Sartori ha tratto assieme a noi dal suo romazo omonimo. Grazie per l’acutezza della sua analisi.
Di seguito alcuni pensieri sparsi, stimolati dalle sue riflessioni.

Tutto è male. Non c’è dubbio, Sacrificio è una tragedia, ed è dominata da quella che Nemi D’Agostino chiama la “visione tragica”, ossia l’intuizione del lato più oscuro della vita, della realtà, dell’uomo. Dunque niente risposte, soluzioni o messaggi, ma domande. Sguardo lucido e coraggioso, capace di sondare l’arido vero. Secondo noi, niente che abbia a che vedere col cinismo o con una compiaciuta spietatezza di analisi. Al contrario analisi sofferta, senza sconti ma con profonda pietà umana. E forse basta questo a rendere ogni vera tragedia un atto di amore costruttivo, senza tirare in campo la Poetica di Aristotele, con la sua esigenza fuorviante di razionalizzare l’irrazionale, o meglio di trovare un intento educativo e morale nell’opera tragica che in realtà non lo prevede.

martedì 20 novembre 2012

Che questo "Sacrificio" faccia da sveglia

Di Pier Giorgio Rauzi
Considerazioni dopo aver letto il copione di Sacrificio.

Ho letto con attenzione e interesse il manoscritto. Non sono un esperto di teatro e delle sue evoluzioni contemporanee e non riesco pertanto a immaginare come avverranno i mutamenti di scena che dallo scritto mi richiamano piuttosto una sceneggiatura di tipo cinematografico. Sono curioso pertanto di vederne la messa in scena. 
Nel merito il lavoro mi sembra rovesciare molti luoghi comuni collaudati della letteratura e della morale. Anzitutto quello antico che suona: “Bonum ex integra causa, malum ex quacumque defectu”, basta anche un piccolo difetto per trasformare il bene in male. Qui, nella vicenda che state proponendo, si ha l’impressione che il male è talmente pervasivo da non lasciare spazio al bene nemmeno in minima parte. Non lascia intravedere nessun elemento catartico collegato al sacrificio, in quanto la/le vittima/e non è (sono) tanto il/i più buono/i che accetta(no) consapevolmente e volontariamente il sacrificio quanto piuttosto quello/i che si ostinano a non aprire gli occhi di fronte alla realtà che pure sembra evidente. Mi è venuta in mente la mia nonna quando diceva che “no gh’è pù orbo de quel che no vol veder”.

mercoledì 31 ottobre 2012

Allora sì che il gioco diventa pericoloso e si rischia davvero di non uscirne mai...

Di Daniela Vaia

Tante cose nella testa... tante cose da dire... tanti pensieri da formulare... ma quando mi ritrovo in mezzo ad altri ragazzi semisconosciuti tutto si blocca... i pensieri si sfumano in un silenzio imbarazzante... un po' come Marta che cerca di dire quello che sente ma non del tutto ci riesce. Viene bloccata dalla sua personalità, dal suo timore di dire le cose come sono realmente per paura di allontanare o di perdere ciò che al mondo ha di più caro... è forse un po' una realtà che accomuna i giovani di oggi, che spesso si chiudono nel loro piccolo mondo e non hanno la forza e nemmeno la voglia di guardare all'esterno... Si creano uno spazio limitato dove pochi possono entrare; dove si consumano divertimento, sballo ed eccessi... un angolo di paradiso dove tutto sembra perfetto: gli amici sempre pronti a far festa, alcool e droga con cui sballarsi sempre a portata di mano, regole inesistenti per divertirsi tutto il tempo che si vuole... Nella nostra società questa, purtroppo, è una realtà sempre più presente, non solo tra i ventenni, ma anche e soprattutto tra i ragazzini non ancora maggiorenni... Ragazzini che sempre più facilmente si procurano la " roba " da soli, che sempre più ignorano le regole, che sempre più rischiano di dimenticare i veri valori della vita  e di buttare via le occasioni che essa offre perché travolti da un mondo parallelo che sembra darti tutto ma che in realtà ti da solo astinenza, tristezza e solitudine... Non si negano a nessuno le proprie esperienze, anche perché non si impara se non da quelle e dai propri errori; ma se una volta sperimentato non si riesce ad uscire da quel circolo vizioso allora sì che il gioco diventa pericoloso e si rischia davvero di non uscirne mai...