FRAGMENTS SUL TEATRO

L’arte di recitare - di Louis Jouvet 
Attraverso una ricerca continua e laboriosa, ho spinto la mia passione per l’arte drammatica in tutti i settori del teatro. Il gusto della curiosità e la presunzione di acquisire nuove conoscenze mi hanno portato a studiare tutto ciò che si può imparare: l'arte di recitare, di mettere in scena, di costruire e progettare un teatro, la scenografia, la pittura, l'illuminotecnica, i costumi, la storia, la letteratura, la psicologia, i commenti e le critiche, i ricordi di teatro. L'incerto, il vago di queste conoscenze, le loro applicazioni sempre diverse, 1a loro precarietà, mi danno oggi l'impressione che il teatro nella sua totalità non sia che dilettantismo, un'attività priva di basi scientifiche, un insieme di tentativi e di esperimenti, le cui ragioni o le cui origini restano confuse e oscure e i cui sentieri battuti nel corso dei secoli abbiano sempre puntato verso qualcosa, o in qualche direzione, lasciando però nell'anima un immenso interrogativo.
Tutto ciò che ho fatto in teatro, tutto ciò che ho tentato di penetrare, mi lascia insoddisfatto. Se mi interrogo, non vedo altra ricerca che quella di sapere, e l’unica cosa che mi rimane oggi è il piacere che gustai nel farlo, è il caldo impeto che quei “momenti drammatici” mi hanno regalato, quando mi pareva che un scoperta fosse prossima.
Ma quella scoperta io non l'ho fatta. (...)
Il sentimento del teatro, il “senso drammatico" è un'attitudine dell'uomo e durerà finché l'uomo avrà vita.
Il teatro è fatto dal “sentimentode! teatro". E il sentimento del teatro è un atto d'amore. Il teatro non si fa mai per un sentimento di vendetta. Lo si fa sempre per un sentimentodi fraternità. Quale che sia il poeta, quale che siano l'organizzazione del divertimento, il tono e il linguaggio, le grandi opere del teatro hanno in comune un segno di generosità, di coraggio, di sensibilità, di poesia e di bontà che sono il segretodel teatro e della vita.

L'enigma del teatro - di Louis Jouvet 
Scrivo per colui che sentirà amore per il mio mestiere che pratico giorno dopo giorno. Parlandoti, scrivendoti, parlo e scrivo a quel giovane che è in me e che non cessa di interrogarmi da trent'anni, e che mi interroga ancora, e mi obbliga a scrivere e a parlare a te che non conosco, ma che sento come un fratello. 
Scrivo e parlo a questo giovane per cercare di informarlo, a questo giovane che ho cercato per trent'anni di istruire informandomi, interrogando me stesso, leggendo, recitando, ponendogli domande. Scrivo per dire ciò che so sul nostro mestiere o per dire ciò che non so, ciò che non sono mai riuscito a capire. Scrivo per dire dell'enigma del teatro, edi me stesso.
Perché è impossibile conseguire certezze sul teatro, ancor più che per qualsiasi altra cosa.
Non vi è nulla di più falso, nulla di più vero del teatro.
È qualcosa di molto complicato.
Ma è il solo enigma proficuo nella vita degli uomini: l'unico valido.
Tutto nel teatro è intricato e confuso.
Tuttoè immagine riflessa...

Da Il teatro è un segreto - di Louis Jouvet 
Non vi è nulla da insegnare o da comunicare su questa scienza empirica. Le formule che ciascuno puo trovare, le cogitazioni e gli approfondimenti non servono che a livello individuale… E' solo ascoltando e imitando, con la riflessione e la tenerezza, che si può istruire. E l'insegnamento non può essere, alla maniera antica, che nelle conversazioni fra una pausa e l'altra delle prove o delle rappresentazioni.
Tutto a teatro è perpetuamente nuovo: dalla nuova commedia che bisogna rappresentare e davanti alla quale bisogna sentirsi nuovi; al pubblico, le cui reazioni mutano sera dopo sera, secondo l'umore o le notizie diffuse dalla stampa e davanti al quale, tuttavia, occorre sempre recitare come se fosse la prima volta.
Qualsiasi tentativo di costruire formule definitive viene inevitabilmente sconvolto, poiché in teatro non vi è nulla di generale: tutto è particolare, momentaneo, effimero, tutto ha il carattere di una moda e tutto, ahimé! è giustificato dal successo.
Le teorie non si possono formulare che dopo l'azione e allora non hanno più inte resse.

Da Il teatro è un segreto - di Louis Jouvet  
Per mettere in scena una commedia, bisogna leggere le opere con amore, aspettando che i personaggi parlino di se stessi e mostrino i loro tratti.
In ogni atto, umano e naturale, vi è del soprannaturale e specialmente in questa pratica alla quale si è affezionata l'umanità dall'inizio del mondo, e di cui il teatro e la scena sono i luoghi prediletti. Il teatro è manifestazione del soprannaturale, e del meraviglioso, sotto l'apparenza più naturale. E' un luogo dove si coniugano il reale e l'irreale, un luogo di magia dove vigono leggi umane ancora sconosciute. Il teatro è un luogo di poesia, di sogno e d'evocazione. E' un luogo di produzione della poesia, dove l'infimo e il sublime si mescolano, dove l'umanità grande e piccola si compenetrano.
Il teatro è l'esercizio di un mestiere inaccessibile allo spirito, dove non c'è che una regola: quella di colmare questi gorghi, dove lo spirito è preso dalla vertigine, attraverso la pratica quotidiana, più che dall'amore umano e dalla passione.
Ecco quanto un attore può dire del suo mestiere, ecco, sinteticamente, le confidenze che egli può fare.


È difficile, perché è difficile - di Peter Brook
“È difficile, perché è difficile”. Nel nostro Centro questa frase diventò uno slogan e in effetti, a mio avviso, contiene il migliore consiglio pratico che si possa dare a chiunque si trovi veramente alle prese con un problema. Senso di colpa, frustrazione, scoraggiamento e, soprattutto, delusione di sé sono le conseguenze di un modo di pensare moralistico: “Io dovrei avere, quindi potrei avere”. Una volta riconosciuta la semplice verità che non è colpa di nessuno se una cosa è difficile – che è difficile semplicemente perché lo è – si può tirare un respiro di sollievo e lavorare più liberamente.

Una volta che ci si trovava sul tappeto - di Peter Brook
A questo punto srotolavamo il nostro tappeto e tutto il villaggio vi si faceva intorno. Imparammo così che il pubblico ideale è composto di una miscela naturale: accovacciati per terra vicinissimi agli attori stavano i più entusiasti, cioè i bambini; poi le mamme con i piccoli in braccio; a seguire, gli anziani, i giovani, alcuni dei quali appoggiati con aria scettica ai manubri delle loro biciclette. Una volta, in un villaggio del Sahara, arrivarono i Tuareg: i volti nascosti dietro veli blu, si fermarono in groppa ai loro cammelli dietro l’ultima fila, restando al di sopra di tutte le teste come da privilegiati nei palchi reali. Ancora prima che lo spettacolo iniziasse, notammo il grande vantaggio di avere a disposizione la luce solare: non vi era alcun pretesto artificioso. Noi eravamo lì per gli spettatori e loro erano lì per noi. Ci vedevamo a vicenda con chiarezza cristallina all’interno dello stesso spazio.
Ma da che parte dovevamo cominciare. Prima di partire avevamo tentato di prepararci e avevamo discussi molti soggetti e idee possibili. Una volta che fummo dentro la situazione reale, ci rendemmo conto che era impossibile proiettare conclusioni su qualcosa di ignoto.
Fin dall’inizio il nostro tappeto fu l’ignoto e divenne l’espressione molto semplice e diretta della differenza fra il teatro e la vita di tutti i giorni. Una volta che ci si trovava sul tappeto, erano richiesta all’istante un’intensità, una concentrazione e una libertà nuove. Gli attori divennero sempre più consapevoli di questa sfida da affrontare insieme ogni volta di nuovo. Mettendo piede sul tappeto, accettavano una responsabilità che durava tutto il tempo che restavano in quello spazio speciale.


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