domenica 16 dicembre 2012

Appunti su una mano

Sul seminario di Espressione Corporea col Maestro Osvaldo Salvi
Di Alessia Dorigoni

Ho cercato per un po' di giorni di trovare una metafora per descrivere il mare di emozioni, informazioni, sensazioni e lampadine che si sono accese e che mi hanno sorpreso durante questo seminario, ma mi sono accorta di essere stata solo fisicamente uno spettatore esterno. In realtà nel seminario ci ho sguazzato, ho sguazzato nelle parole di Osvaldo, nei suoi movimenti, nei suoi sguardi. Ci ho sguazzato e non ne sono ancora uscita perché credo sia quasi impossibile, una volta che ti si accende una lampadina in testa, spegnerla per fare finta di niente. Ma la costellazione di lampadine che mi ha acceso Osvaldo è molto difficile esprimerla a parole e credo sia quasi impossibile tradurla in un'unica frase. Mi sono però annotata delle parole che sono diventate quasi scultoree sulla mia mano, delle parole chiave ma che, tornando alle lampadine, chiamerei quasi delle parole interruttore. Inutile star qui a spiegare tutto il seminario in maniera tecnica e anaffettiva, ho preferito, invece, riportare quelle parole quasi come dei concentrati, delle matrioske, degli spunti per riflettere. 
- Tutto è finto e niente è falso. Entrare nel personaggio... ahahah mi hanno sempre fatto sorridere le persone che parlano di personaggi teatrale quasi come il risultato di qualche tecnica mistica per farsi possedere o di demone in corpo che magicamente dall'alto ci viene infuso in corpo quasi per osmosi. Parole interruttore invece: vivere la scena, sentirla, immaginarla. Deve venir espressa una sintesi del personaggio e a sua volta ciò che dice è una sintesi di una miriade di variabili che lo hanno portato a dire proprio quella cosa, proprio in quel momento e proprio in quel modo. 
- “Ogni dramma inventato riflette un dramma che non s’inventa.” - Francois Mauriac. Credo che ci risulti così difficile perché anche nella realtà non ci pensiamo e anzi a volte lo rifiutiamo. Vogliamo essere sempre artefici delle nostre azioni e quando diciamo ad esempio "ho deciso che..." (o considerazioni analoghe nelle quali facciamo ricadere solo in noi la responsabilità delle semplici scelte, anche solo nelle cose da dire), crediamo proprio di esserlo. Sarebbe però come affermare che una farfalla sia una farfalla perché è una farfalla, quasi cadendo in una tautologia dimenticandoci invece della rilevante figura del bruco. Non ci accorgiamo che siamo il frutto di una serie di eventi, Skinner li chiamerebbe rinforzi, che ci hanno "spinto", influenzato e plasmato fino a farci diventare come siamo e fino a farci dire le cose che diciamo o pensiamo. E questa inconsapevolezza, che chiamerei quasi presunta onnipotenza, che tutto dipenda da noi o meglio che tutto ciò che facciamo noi dipenda da noi, che in quel preciso istante decidiamo di fare così, si manifesta palesemente nel momento in cui dobbiamo ricoprire il ruolo di un semplice uomo che normalmente decide di dire una cosa semplicemente, normalmente. Facile! Basta fare un uomo che decide in quell'istante di dire quella cosa, niente di più e niente di meno. Utilizziamo quindi degli stereotipi, dei sottotitoli con la comunicazione non verbale, spesso didascalici. E chissà perché ne risulta un'immagine simulacro della realtà, un brutta copia della realtà,out of balance: c'è qualcosa che stride, siamo la parodia della realtà. Sarebbe davvero interessante capire da dove questi gesti didascalici nascano. Magari hanno un fondo di verità, o magari no; magari nascono dall'impellente necessità di comunicare, di farci capire, da questa morbosa voglia che abbiamo di parlare. Forse sono enfatizzazioni di gesti naturali ma che in quanto enfatizzati rendono il tutto una caricatura, una scimmiottatura anche se in maniera velata a volte (e comica delle altre...), una lieve distorsione della realtà, quasi come uno strumento scordato. Sarebbe bello riprodurre delle scene in situazioni reali e capire cosa si può innescare in una persona ignara che si sta fingendo. Ciò che vede lo convince? Lo lascia perplesso, gli sembra la realtà, ma che ha qualcosa che stride, ci sono delle crepe, quantum leap... e noi questo non lo vogliamo. Vogliamo invece che ci muova quello spessore, quell'aria che ci fa sollevare il braccio che agli occhi degli altri appare tanto pesante. E facendo così le azioni sembrano reali, non sembrano farlocche. La domanda sorge quindi spontanea se nella vita reale i nostri movimenti sono spinti da un'altrettanta forza. Forse i rinforzi di cui parlavamo prima sostengono quel braccio che si alza nella realtá?
- "Non nasce teatro laddove la vita è piena, dove si è soddisfatti. Il teatro nasce dove ci sono delle ferite, dove ci sono dei vuoti... E' lì che qualcuno ha bisogno di stare ad ascoltare qualcosa che qualcun altro ha da dire a lui." - Jacques Copeau
Sarà che io ho una vita piena, ma che in realtà è vuota, ma adesso direi che il teatro mi sta proprio prendendo, riempiendo, perché ho poco altro nella vita. E lo stesso "riempimento" l'ho potuto vivere in Osvaldo, farsi pervadere dal piacere di fare teatro, quasi come una droga che ti fa rimanere estasiato e voglioso di ricominciare.
Abbiamo sbagliato tanto in questo seminario, abbiamo fatto molte parodie della realtà, ma credo di poter dire che ci hanno permesso di aprire gli occhi, perché dobbiamo aprire gli occhi, perché sarebbe stolto non farlo ma soprattutto perché le lampadine accese non possono che aprirti gli occhi e soprattutto non possono essere spente e nemmeno noi possiamo cercare di spegnerle. Dobbiamo trovare insieme la Situazia per iniziare davvero a lavorare.
- "Da dove può venire il rinnovamento? Da gente scontenta della situazione del teatro normale e che si assuma il compito di creare teatri poveri con pochi attori, "compagnie da camera" [...] oppure da dilettanti che lavorando al margine del teatro professionista, da autodidatti che siano arrivati ad uno standard tecnico di gran lunga superiore a quello richiesto nel teatro dominante; in una parola, pochi matti che non abbiano niente da perdere e che non temano di lavorare sodo." - Jerzy Grotowski Situazia.
Non siamo naturalmente professionisti ma siamo sicuramente matti che non hanno niente da perdere (se non le clausole scritte nel contratto :) ma che soprattutto che non temono di lavorare sodo. Quindi buon lavoro e spero che si sia iniziata a creare la Situazia, l’humus per fare un ottimo lavoro. Smettiamola di voler parlare troppo e iniziamo a fare in maniera silenziosa ma più efficace. Sperando di avervi acceso qualche lampadina, curiosa di farmene accendere molte da voi, la vostra affezionatissima.
Alessia

2 commenti:

  1. Grazie Alessia...lampadine accese. Basso consumo e alto rendimento, mi raccomando!

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  2. :) mettiamo dei led allora!
    Meno spuntini nelle pause, più luce :-P

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